Vento e Acqua, tentativi di resilienza
Paolo pejrone
Un giardino in cui si metta in atto quotidianamente un rapporto sincero con le piante e con l’ambiente.
PAESE ITALIA
Un giardino in cui si metta in atto quotidianamente un rapporto sincero con le piante e con l’ambiente.
piemontese classe 1941, è architetto laureato presso il Politecnico di Torino e specializzato in giardini. La sua formazione è nata alla scuola del paesaggista inglese Russell Page e di quella del brasiliano Roberto Burle Marx, entrambi titolari di due notissimi movimenti architettonici-giardinieri. Da oltre cinquant’anni crea giardini privati e parchi pubblici in Europa, Asia e America, tra i suoi incarichi più importanti: il progetto del parco di Villar Perosa della famiglia Agnelli e la progettazione e la cura degli orti della basilica romana di Santa Croce in Gerusalemme. È Vicepresidente della sezione italiana dell’International Dendrology Society, fondatore dell’Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio, Presidente fondatore dell’Accademia piemontese del giardino, ideatore della mostra FAI Tre giorni per il giardino presso il Castello di Masino. È inoltre autore di diversi saggi sul tema dei giardini e ha collaborato con Condé Nast e con numerose riviste specialistiche.
Racchiuso da un semplice muro dipinto a calce, come ancora se ne vedono nelle campagne circostanti, e avvolto dal rigoglio dei rampicanti bignonie e passiflore un po’ speciali, gelsomini e lonicere profumate s’annida un piccolo mondo sperimentale. Con forti radici pratiche ed estetiche nella tradizione, ma con ideali che guardano al futuro, questo giardino fatto a stanza è soprattutto figlio del tempo in cui viviamo: è (o almeno vorrebbe essere) un tentativo estremamente onesto, sobrio e realistico di resistenza. Non declama, (forse) non stupisce, non si riempie di simboli, ma intende mostrare in modo molto concreto e quasi didascalico il funzionamento di un meccanismo. Il vento raccolto dalla grande pompa eolica muove il flusso delle acque, che decantano di vasca in vasca, vengono filtrate dalle efficienti radici degli iris e dei giunchi, si fanno chiare, trasparenti e irresistibili, s’inabissano per tornare ad alimentare il ciclo. Questa struttura lineare, a tratti campestre, è stata integrata in uno scenario esuberante, perché le atmosfere contano eccome e oggi più che mai, ma senza dissimularla attraverso un eccesso di design. Resta un’architettura essenziale, ombreggiata dalle chiome dei platani e lambita dalle fronde di aralie, canne variegate e felci, arboree e non. Una vegetazione volutamente non filologica, ma verosimile, fatta quasi esclusivamente di foglie. Tappeti di menta acquatica, qualche ninfea e grandi cespi di papiri occhieggiano dalle vasche, nient’altro che semplici vasche quadrate simili a cisterne o abbeveratoi. È una Sicilia ormai purtroppo rara quella che si vuole evocare, sempre riarsa ma col beneficio dell’oasi: la sorgente del fiume Ciane, nei pressi di Siracusa, o la stessa fonte Arethusa a Ogigia già bastano a ispirare. Sono proprio questi ambienti i più fragili, in procinto di trasformarsi in veri miraggi. Niente veleni, il suono leggero del vento, il mormorio dell’acqua e, di notte, il canto degli usignoli e il gracidare delle rane: un esempio piccolo e casereccio per aiutare la memoria.
Platanus orientalis
Lonicera hildebrandiana
Arundo donax “Variegata”
Juncus effusus
Nuphar
Osmunda regalis